Le competenze digitali


La pandemia e il lockdown hanno costretto gli italiani a confrontarsi in maniera più attiva con internet e il mondo online, tanto che le imprese hanno dovuto accelerare il processo di apertura commerciale verso questo canale. Le nuove abitudini digitali dei cittadini implicano una sempre maggiore attenzione all’uso degli strumenti online per analizzare i dati dai mercati, per ascoltare le esigenze dei clienti e trasformare i propri business.



Le direttrici del futuro dello sviluppo produttivo del Paese e la risposta alla crisi dovuta al Covid-19 passano, e sono passate, dal digitale. Non solo per i contenuti del PNRR, ma anche per la risposta già messa in piedi autonomamente dal sistema produttivo nell’anno della pandemia.
L’indagine Excelsior ha approfondito gli investimenti in digital transformation nel 2020 analizzando, presso le imprese intervistate, tre ambiti di intervento: la tecnologia, il modello organizzativo aziendale e lo sviluppo di nuovi modelli di business. Il campo di osservazione dell’indagine considera nel complesso circa 1,3 milioni di imprese dell’industria e dei servizi, che hanno programmato, nel corso del 2020, 3.242.310 entrate.
La risposta alla pandemia, in termini di trasformazione digitale, secondo i dati del Sistema informativo Excelsior, nel 2020 ha preso alcune direttrici:
  • è aumentato il numero di imprese che hanno investito in trasformazione digitale rispetto al periodo 2015-2019
  • all’interno dell’insieme delle imprese investitrici sono aumentate quelle che hanno effettuato investimenti strategici in tecnologie, organizzazione e modelli di business.
Nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019, il 53,5% delle imprese ha dichiarato di avere investito in almeno uno degli ambiti della trasformazione digitale, mentre nel 2020 questa quota di investimenti sale al 65,2%.
Analizzando il dato per macrosettori di attività, il settore dell’industria passa dal 53,6% del periodo pre-covid al 66,8% del 2020, quello dei servizi dal 53,5% al 64,5% del 2020. Elevato anche il balzo del settore delle costruzioni passato dal 42,3% al 56,8%, le migliori performance nel settore public utilities che passa dall’80,2% all’88,4%.
Immagine accordion

L’improvviso lockdown e la crisi hanno imposto alle aziende anche investimenti in digital transformation anche per i modelli organizzativi.
Gli investimenti in modelli organizzativi aziendali così come individuati dal sistema informativo Excelsior sono:

  • adozione di sistemi di rilevazione continua e analisi, in tempo reale, delle “performance” di tutte le aree aziendali
  • adozione di sistemi gestionali evoluti con lo scopo di favorire l’integrazione e la collaborazione tra le diverse funzioni aziendali
  • adozione di una rete digitale integrata o potenzialmente integrabile con reti esterne di fornitori di prodotti/servizi (fornitori, servizi logistici e di assistenza)
  • adozione di una rete digitale integrata o potenzialmente integrabile con reti esterne di clienti business (B to B)
  • adozione di strumenti di lavoro agile (smart working, telelavoro, lavoro a domicilio)
  • potenziamento dell’area amministrativa/gestionale e giuridico/normativa a seguito della trasformazione digitale (sicurezza, normativa sul lavoro, normative sulla privacy, nuove procedure di gestione del personale e nuove modalità di lavoro)
  • adozione di nuove regole per sicurezza sanitaria per i lavoratori, uso di nuovi presidi, risk management.

La pandemia ha portato ad un’accelerazione della trasformazione in senso digitale dei modelli organizzativi aziendali, si pensi in primis al lavoro agile - smart working.
La necessità di operare in un’ottica di razionalità strumentale, ossia cercando la massimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza dei fattori produttivi, in un momento di crisi ha portato le imprese italiane ad aumentare la quota di investimenti strategici in modelli organizzativi aziendali.

Si è verificata inoltre una maggiore attenzione per quanto riguarda l’adozione di nuove regole per sicurezza sanitaria per i lavoratori, uso di nuovo presidi e risk management, per cui la quota di imprese che ha investito strategicamente in questa innovazione è passata dal 28,6% del periodo pre-covid al 49,5% del 2020. 
Grande balzo in avanti anche dell’adozione di strumenti di lavoro agile passati dal 23,3% al 40,4% del 2020. Importanti anche la quota di investimenti del 2020 nel potenziamento dell’area amministrativa a seguito della trasformazione digitale (34,1%), l’adozione di sistemi gestionali evoluti con lo scopo di favorire l’integrazione e la collaborazione tra le diverse funzioni aziendali (35%), i sistemi di rilevazione continua delle “performance” di tutte le aree aziendali (33%) e infine l’adozione di una rete digitale integrata con reti esterne di fornitori (28%) e di clienti Business to Business (27,3%).

Immagine accordion
La contrazione macroeconomica del 2020 ha costretto le imprese a reagire rimodulando i propri modelli di business secondo alcune direttive come l’uso più profittevole dei dati per analizzare i comportamenti dei clienti, analizzare i mercati e rispondere alle nuove abitudini di consumo online e non attraverso una maggiore personalizzazione e“automatizzazione” delle politiche commerciali.

Per quanto riguarda la quota di imprese, che hanno investito in maniera strategica in nuovi modelli di business, occorre segnalare che “utilizzo di Big data per analizzare i mercati” è passato dal 16,7% del 2015-2019 al 27,4% del 2020, l’analisi dei comportamenti e dei bisogni dei clienti per garantire la personalizzazione del prodotto-servizio offerto è passata dal 28,6% al 39,9% del 2020, l’incremento più alto si è avuto per gli investimenti strategici in Digital marketing passato dal 24,4% del pre-covid al 39,9%.
Immagine accordion
La pandemia e il lockdown hanno costretto gli italiani a confrontarsi in maniera più attiva con internet e il mondo online, tanto che le imprese hanno dovuto accelerare il processo di apertura commerciale verso questo canale. Le nuove abitudini digitali dei cittadini implicano una sempre maggiore attenzione all’uso degli strumenti online per analizzare i dati dai mercati, per ascoltare le esigenze dei clienti e trasformare i propri business.

Analizzando gli investimenti strategici in digital marketing, ossia la quota di imprese che hanno dichiarato di aver investito “molto” e “moltissimo” in questa innovazione di business, occorre dire che c’è stato un notevole incremento, dal 24,4% del periodo pre-covid al 39,9%. Per quanto concerne i macro settori di attività  al primo posto i servizi con il 42,1% nel 2020 (contro il 26% del periodo precedente), a seguire public utilities con il 35,6% (contro il 26,2% del 2015-2019), l’industria passata dal 18,9% del pre-covid al 32,4% del 2020 e il settore costruzioni con il 29,3%.
L’estensione del “lavoro agile” e dello smart working tra le imprese che hanno investito in maniera strategica in questa innovazione, come già precedentemente indicato, è passata dal 23,3% del periodo pre-covid, al 40,4% nel 2020.

In provincia di Rimini l’adozione di sistemi di smart working è passata dal 21% del periodo 2015-2019 al 37% del 2020; in provincia di Forlì-Cesena dal 23% al 36%.
Immagine accordion
Il 65,2% delle imprese ha indicato di aver investito in Italia nel 2020 in almeno uno degli ambiti della trasformazione digitale. Il 54,1% di questa parte ha dichiarato di non aver investito in nessun intervento sulle risorse umane; il restante 45,9% delle imprese investitrici in trasformazione digitale ha posto in essere almeno uno di tre seguenti interventi.
  • assunzione di nuovi profili professionali legati alla digital transformation
  • formazione del personale già presente per adeguamento delle competenze (upskilling e reskilling) 
  • attivazione di servizi di consulenza

Per quanto concerne le imprese investitrici in trasformazione digitale, che hanno anche effettuato interventi sul capitale umano dell’impresa, i dati totali sono i seguenti: 

  • il 6,3% di queste imprese ha reclutato personale,
  • il 39,4% è intervenuta sulla formazione del personale già presente per adeguamento delle competenze,
  • il 12% ha attivato servizi di consulenza
Immagine accordion

Per meglio comprendere il mondo del lavoro che cambia si considerano i profili professionali assunti per l’implementazione degli investimenti in trasformazione digitale in Italia. Analizzando 59.920 imprese che hanno effettuato assunzioni a seguito di investimenti in campo digitale si comprendono meglio le dinamiche innovative dell’evoluzione della ricerca di profili professionali digitali; per oltre 20.000 le imprese dei Servizi sono suddivise come segue:

  • 8.490 nel commercio al dettaglio
  • 6.310 nel commercio all’ingrosso
  • 5.310 nei servizi avanzati. 
Seguono le costruzioni con 3.890 imprese che hanno assunto nuovi profili lavorativi digitali; nelle industrie si notano 2.470 assunzioni in fabbricazione macchinari e mezzi di trasporto, industrie metallurgiche con 1.940 assunzioni. 
Pur essendo il “commercio al dettaglio” uno dei settori di attività che ha investito percentualmente di meno in trasformazione digitale (ben il 40% delle imprese del commercio al dettaglio non ha investito in digital transformation) in termini di valori assoluti ha dato il maggior contributo per l’assunzione di profili digital. Le imprese del commercio al dettaglio rappresentano un numero elevato del campione di indagine, per cui si evidenzia una polarizzazione tra chi non ha investito e chi, oltre ad aver investito in trasformazione digitale, ha anche assunto profili professionali adatti a implementarla registrando un buon livello di dinamismo.

 

Immagine accordion
Le entrate con competenze digitali richieste dal sistema economico italiano nel 2020.

Le competenze digitali sono fondamentali per le diverse professioni, settori di attività economica e aree funzionali aziendali.

Le competenze digitali rinnovano le professioni e sono sempre più richieste per i processi di creazione di valore delle imprese, per cui occorre sottolineare il fatto che le competenze digitali non riguardano solo i lavori digitali in senso stretto ma ormai sono richieste per tutti le professioni, tanto da ridefinirne ruoli, mansioni e routine.

Il seguente articolo vuole sottolineare proprio questa presenza pervasiva delle digital skill che travalica le professioni, i ruoli e i settori di attività.

Il numero complessivo delle entrate programmate dalle imprese monitorate dal Sistema Informativo Excelsior nel 2020 ha risentito delle dinamiche fortemente negative della crisi pandemica, mostrando una diminuzione di circa il 30% rispetto all’anno precedente. Nonostante questa contrazione, si osservano nel 2020 quote della richiesta di competenze per il digitale in linea con quelle del 2019, evidenziando quindi un andamento stazionario. 

Di seguito verranno, quindi, esaminate le caratteristiche della domanda di e-skill nel corso del 2020. In particolare, nell’indagine Excelsior le imprese segnalano con quale grado di importanza richiedono alle figure professionali, oltre alle competenze specialistiche legate alla singola professione, le seguenti competenze per il digitale: 

  • il possesso di competenze digitali, come l’uso di tecnologie Internet, e capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale
  • la capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici per organizzare e valutare informazioni qualitative e quantitative
  • la capacità di gestire soluzioni innovative applicando tecnologie (digitali) robotiche, big data analytics, internet of things, ecc. ai processi aziendali, anche in linea con quanto previsto nel ‘Pacchetto Industria 4.0’. 

Nel 2020 le imprese oltre a richiedere più di 1,9 milioni di profili in possesso di competenze digitali di base (pari al 60,4% delle entrate complessive), hanno domandato 1,6 milioni di profili con capacità di utilizzare linguaggi matematici/informatici (51,5% del totale), infine sono oltre 1 milione e 177 mila le posizioni lavorative per cui le imprese hanno richiesto la capacità di gestire soluzioni innovative (corrispondenti al 36,3% delle entrate totali).

È possibile, inoltre, esaminare la richiesta delle imprese delle competenze in relazione all’importanza che la presenza di ciascuna abilità riveste per definirne l’adeguatezza rispetto alle attività da svolgere. L’analisi dei dati riferiti alle e-skill mostra che la competenza più richiesta con un elevato grado di importanza è il possesso di competenze digitali (21,8%), seguita dalla capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici (16,6%), ed infine la capacità di gestire soluzioni innovative (11,6%).

Immagine accordion
Capacità di utilizzare competenze digitali

La capacità di utilizzare il digitale, come l’uso di tecnologie Internet, e di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale, viene ormai vista dalle imprese come una competenza di base che le risorse debbono possedere. Dall’analisi per gruppi professionali, si evidenzia che la competenza è ritenuta molto importante per oltre il 50% delle entrate dei gruppi più elevati. Infatti, il possesso di competenze digitali con elevata importanza supera la media del 21,8%, per le professioni specialistiche (74,7%), i dirigenti (66,4%), le professioni tecniche (60,5%) e gli impiegati (52,4%). Al contrario per appena lo 0,4% delle professioni non qualificate si ritiene che sia importante il possesso della competenza.

Si riscontrano professioni a cui sono richieste le competenze digitali con un elevato grado di importanza con quote vicino al 100% sia nei gruppi delle professioni specialistiche e tecniche (come per esempio analisti e progettisti di software, progettisti e amministratori di sistemi, ingegneri energetici e meccanici, ingegneri elettronici e telecomunicazioni, tecnici programmatori, tecnici esperti in applicazioni), ma anche tra gli impiegati (per gli addetti all’immissione dati e gli addetti alla contabilità), e si osservano valori elevati anche per alcune figure di operai specializzati (installatori, manutentori e riparatori di apparecchiature informatiche e manutentori e riparatori apparati elettronici industriali e di misura).

 

Immagine accordion

La capacità di utilizzare il digitale, come l’uso di tecnologie Internet, e di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale, viene ormai vista dalle imprese come una competenza di base che le risorse debbono possedere. Dall’analisi per gruppi professionali, si evidenzia che la competenza è ritenuta molto importante per oltre il 50% delle entrate dei gruppi più elevati. Infatti, il possesso di competenze digitali con elevata importanza supera la media del 21,8%, per le professioni specialistiche (74,7%), i dirigenti (66,4%), le professioni tecniche (60,5%) e gli impiegati (52,4%). Al contrario per appena lo 0,4% delle professioni non qualificate si ritiene che sia importante il possesso della competenza.

Si riscontrano professioni a cui sono richieste le competenze digitali con un elevato grado di importanza con quote vicino al 100% sia nei gruppi delle professioni specialistiche e tecniche (come per esempio analisti e progettisti di software, progettisti e amministratori di sistemi, ingegneri energetici e meccanici, ingegneri elettronici e telecomunicazioni, tecnici programmatori, tecnici esperti in applicazioni), ma anche tra gli impiegati (per gli addetti all’immissione dati e gli addetti alla contabilità), e si osservano valori elevati anche per alcune figure di operai specializzati (installatori, manutentori e riparatori di apparecchiature informatiche e manutentori e riparatori apparati elettronici industriali e di misura).

Immagine accordion
Esaminando i dati della capacità di applicare tecnologie "4.0" per innovare processi per gruppi professionali, si osserva che questa competenza viene richiesta – con importanza elevata – per il 33,7% % delle assunzioni di professioni specialistiche, per il 33,2% dei dirigenti e per il 21,7% delle professioni tecniche.

Le imprese richiedono con elevata importanza la capacità di gestire soluzioni innovative applicando tecnologie “4.0” per almeno la metà delle entrate di ingegneri elettronici e in telecomunicazioni, analisti e progettisti di software, progettisti e amministratori di sistemi, tecnici programmatori, ingegneri meccanici, tecnici gestori di reti e di sistemi telematici e approvvigionatori e responsabili acquisti.

Sono soprattutto professioni con un alto grado di specializzazione e tecniche, riconducibili ai settori della manifattura avanzata che in questi anni si sta dotando in maniera estensiva delle tecnologie e delle soluzioni industriali integrate e digitalizzate, e che molto probabilmente nel breve periodo risentirà ulteriormente della spinta alla digitalizzazione e alla trasformazione tecnologica per le misure a livello nazionale ed europeo previste per il rilancio dell’economia.
Immagine accordion
La centralità dell’acquisizione di competenze nei percorsi di studio e formazione è una delle sfide dei prossimi anni, in un’ottica di lifelong learning, ossia l’apprendimento permanente, anche in età avanzata. 

Conoscere le richieste del mondo produttivo in termini di formazione e competenze richieste serve a ricalibrare i programmi di apprendimento, le materie di approfondimento soprattutto in un’ottica di accesso a programmi innovativi e aggiornati in grado di contrastare il fenomeno dell’obsolescenza delle competenze.

La centralità dell’acquisizione delle competenze nel mondo del lavoro, la continua innovazione, i processi di trasformazione digitale implicano che i percorsi di formazione e di istruzione siano mirati, adatti al contesto e al mercato, nonché fondamentali nella gestione delle transizioni tra i posti di lavoro nella vita di ogni lavoratore. 

Il livello e l’indirizzo di studio riferiti alle previsioni di assunzione delle imprese italiane nel 2020 costituiscono un significativo elemento di analisi anche rispetto all’offerta formativa presente sul territorio ed alla sua adeguatezza sulle richieste delle imprese, da sempre un elemento rilevante della programmazione offerta dagli Istituti italiani. 

Dall’analisi della richiesta di e-skill per livello di istruzione, si evidenzia innanzitutto che al crescere del titolo di studio aumenta la quota di competenza necessaria per lo svolgimento della professione.

 

Immagine accordion

La difficoltà di reperimento è uno degli effetti del mismatch domanda e offerta di lavoro, ossia quel fenomeno per cui le imprese hanno difficoltà a trovare i profili di cui necessitano. Questa problematica nel 2020 ha riguardato quasi una figura su tre (29,7%) sul totale delle entrate programmate. 

Conoscere la fenomenologia della difficoltà di reperimento è utile per mettere in piedi tutte quelle azioni utili alla riduzione del mismatch della domanda offerta di lavoro. Le difficoltà straordinarie delle contingenze del 2020, e la complessità del contesto competitivo in cui le imprese operano, si è tradotta nella ricerca di profili professionali con un mix complesso di competenze, da cui deriva la difficoltà di reperimento. 

Si ripropone quindi il fondamentale tema dell’orientamento e dei relativi servizi di supporto, tra cui un’ampia informazione sui potenziali sbocchi lavorativi al momento di scegliere il percorso di formazione da intraprendere. I fabbisogni professionali di competenze digitali richiedono anche il possesso di determinati titoli e percorsi di studio, per questo è opportuno comprendere anche la difficoltà di reperimento di risorse in base alle competenze.

Tra gli indirizzi di studio per cui le imprese dichiarano una difficoltà di reperimento più alta, insieme a quelli direttamente legati alle diverse competenze per il digitale, si nota la presenza di indirizzi universitari come: ingegneria elettronica e dell’informazione, indirizzo scienze matematiche fisiche e informatiche, indirizzo psicologico e l’indirizzo di ingegneria industriale. 

Per quanto concerne il livello legato agli ITS, gli indirizzi più difficili da reperire sono: Nuove tecnologie per il made in Italy - sistema casa, Nuove tecnologie per il made in Italy – meccanica e l’indirizzo relativo alle Nuove tecnologie per il made in Italy – moda, Tecnologie della informazione e della comunicazione ed Efficienza energetica. 

Per quanto riguarda il livello secondario invece gli indirizzi più richiesti per le competenze digitali sono indirizzo meccanica, meccatronica ed energia, indirizzo produzione e manutenzione industriale e artigianale, indirizzo produzione e manutenzione industriale e artigianale e indirizzo sistema moda. 

A livello dei diplomi professionali e di qualifica professionale gli indirizzi con maggiore difficoltà di reperimento sono impianti termoidraulici, meccanico, elettronico, grafico e cartotecnico, agricolo e benessere.

Le informazioni del Sistema Informativo Excelsior permettono di individuare per ciascuna competenza per il digitale le professioni maggiormente coinvolte e fra queste quelle di più difficile reperimento. In generale, si evidenzia che tanto più sono ritenute importanti le e-skill maggiore è la difficoltà di trovare sul mercato il profilo professionale ricercato. 

Iniziando dall’analisi della competenza digitale di base, i dati mostrano che la difficoltà di reperimento di figure con competenza di grado elevato è superiore di circa 6 punti percentuali rispetto a quando sono richiesti profili per i quali tali competenze sono ritenute poco importanti per lo svolgimento dell’attività lavorativa: nel primo caso la difficoltà di reperimento è pari al 36,3%, mentre nel caso di competenza di importanza bassa e medio-bassa è pari al 30,5%.

Focalizzando l’attenzione sulle figure per cui è richiesto con elevata importanza il possesso delle competenze digitali risultano le più difficili da reperire nel mercato del lavoro i tecnici programmatori (è difficile da reperire il 67,8% dei profili con elevata competenza in possesso), analisti e progettisti di software (65%), disegnatori industriali e agenti immobiliari (63,6%). Nella tabella 11 vengono esposte le prime 10 figure professionali per quota di difficoltà di reperimento dichiarata dalle imprese che richiedono con elevata importanza il possesso di tale competenza.

Altresì osservando le competenze matematiche e informatiche, si evidenzia una crescita di oltre 7 punti percentuali del mismatch fra domanda e offerta di lavoro a seconda che il grado di importanza della capacità per l’attività lavorativa sia basso/medio-basso o elevato, passando da una difficoltà di reperimento del 30,9% al 38%. Nel dettaglio, quando le competenze matematiche e informatiche sono richieste con elevata importanza, tra le professioni per cui le imprese segnalano una più elevata difficoltà a reperire candidati (tabella 12) si evidenziano i tecnici programmatori (il 68,9% dei profili in entrata con questa competenza è di difficile reperimento), gli analisti e progettisti di software (68,4%), i disegnatori industriali (65%) e tecnici gestori di reti e di sistemi telematici (63,2%).

Per quanto riguarda la capacità di gestire soluzioni innovative applicando tecnologie 4.0, si riscontra un aumento della difficoltà di reperimento al crescere del grado di importanza della skill per le mansioni da svolgere (tabella 13). Si registra, infatti, una difficoltà del 39,4%, quando è molto importante rispetto alla quota del 32,2%, per i profili richiesti con un’importanza bassa e medio-bassa della capacità. Fra le figure di più difficile reperimento, quando le imprese sono alla ricerca di elevate competenze 4.0 ,si rilevano i tecnici gestori di reti e di sistemi telematici, per cui il 70,8% dei profili ricercati con questa competenza risulta difficile da trovare sul mercato del lavoro, i tecnici programmatori (69,4%delle entrate) e gli analisti e progettisti di software (68,1%).

Per tutte e tre le e-skill si tratta di figure di elevato profilo, appartenenti ai gruppi più specializzati, per lo più professioni specialistiche e tecniche, per cui la difficoltà di reperimento – nell’indagine rilevata anche per lo specifico settore e territorio – può essere spiegata dal ridotto numero di figure disponibili sul mercato per l’elevata concorrenza tra le imprese nella ricerca di queste figure, ormai strategiche in diverse funzioni aziendali e in alcuni casi di “nicchia”. 

Immagine accordion

Una delle informazioni più preziose monitorate attraverso l’indagine Excelsior è la valutazione operata dalle imprese sulla difficoltà di reperimento delle figure professionali in entrata per cui l’approfondimento in questo post verterà sulla difficoltà di reperimento di digital skill per territorio di impresa.

La richiesta di competenze digitali di base e la capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale si attesta addirittura al 60,4% delle entrate programmate del 2020. 

Per comprendere il mismatch domanda – offerta di lavoro occorre anche esaminare il grado di difficoltà di reperimento delle competenze per il digitale a livello territoriale.

In particolare, di seguito si focalizzerà l’analisi sulle entrate riferite a una richiesta della competenza di importanza elevata, la cui difficoltà di riferimento è pari a 36,3% (dato nazionale):

  • per quanto riguarda la competenza di elevato livello riferita all’utilizzo dei linguaggi e metodi matematici e informatici,  il dato nazionale della difficoltà di reperimento è pari al 38%
  • per quanto riguarda la competenza di elevato grado riferita all’utilizzo della tecnologia 4.0 per innovare processi, la difficoltà di reperimento è pari a 39,4%
Immagine accordion
La richiesta di competenze digitali travalica i settori economici, i territori, le aree aziendali, i titoli di studio e i gruppi professionali, inoltre si dimostra un vettore di innovazione sia dei comparti più avanzati che dei settori più “tradizionali”. L’importanza delle competenze digitali come driver del successo produttivo, organizzativo e di business delle aziende merita di essere studiata anche in riferimento alle tematiche dell’occupazione giovanile.

Le entrate previste per il 2020 rappresentano un’opportunità per i più giovani che hanno acquisito competenze digitali durante gli anni di formazione scolastica o universitaria.

La domanda di nuovi occupati al di sotto dei 30 anni è costante per tutte le tipologie di competenze digitali analizzate, infatti i valori sono in un range tra il 28 e il 28,5% di giovani under 30 all’interno dell’insieme delle entrate programmate al quale sono richieste competenze digitali di grado elevato.

Per quanto riguarda la suddivisione delle entrate programmate di giovani under 30 nelle varie classi dimensionali di impresa, oltre ad un’ovvia prevalenza delle grandi imprese con oltre 500 dipendenti, si nota che le imprese che accolgono una percentuale più bassa di giovani con e-skills mix non sono le piccole o le piccolissime imprese, ma le medie. Infatti nella classe dimensionale 50-499 dipendenti abbiamo i valori più bassi per le entrate di under 29 con e-skills, 24,4% per la capacità di usare linguaggi matematici, 26,9% per le competenze digitali (valore però più alto rispetto alle piccole imprese, 26,2%), 24,4% per la capacità di applicare tecnologie 4.0.

Per quanto concerne le entrate programmate nel 2020 di personale con elevate competenze di comunicazione visiva e multimediale, occorre fare un focus territoriale anche riguardo agli under 30.

Immagine accordion




Ultimo aggiornamento:

31/01/2024