Commenti, normativa e giurisprudenza
Nonostante la sua introduzione dal 29 settembre 2024, l'accordo transattivo sui debiti tributari, previsto dal comma 2-bis dell'articolo 23 del Codice della crisi, fatica a decollare nell'ambito della composizione negoziata. Dagli articoli di stampa e dalle rilevazioni compiute, si apprende che su 169 proposte presentate in quest'ultimo anno, risultano chiusi solo tre accordi, una percentuale modesta che evidenzia le criticità operative.
Le questioni controverse, pur se considerate superabili, ruotano attorno a tre aspetti centrali: la veridicità dei dati, la fattibilità del piano e la data di riferimento dei debiti.
La veridicità dei dati e il ruolo del revisore
La normativa stabilisce che la proposta debba essere corredata da una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali, redatta dal revisore legale (o da uno appositamente designato). Gli addetti ai lavori sottolineano come questo elaborato non sia assimilabile alla relazione annuale di bilancio, ma rappresenti l'attestazione di veridicità normalmente richiesta al professionista indipendente nelle procedure di risoluzione alternativa delle controversie o nel concordato preventivo. Affidare questo compito al revisore, specialmente se già incaricato, ha l'obiettivo di contenere gli oneri professionali per l'azienda.
La fattibilità: non obbligatoria, ma cruciale
A differenza di Adr e concordato, il comma 2-bis non impone l'attestazione della fattibilità del piano di risanamento. Ciononostante, le agenzie fiscali la ritengono necessaria per valutare la concretezza della proposta e la probabilità effettiva di successo del risanamento. Pertanto, sebbene non sia un obbligo normativo, è fortemente nell'interesse del debitore allegare non solo un vero e proprio piano, ma anche l'attestazione di fattibilità, oltre a quella di convenienza e alla relazione sulla veridicità.
La data di riferimento dei debiti
Manca una chiara indicazione su a quale data di maturazione debbano riferirsi i debiti tributari oggetto dell'accordo. Si ritiene tuttavia illogico escludere debiti già esistenti. Per colmare questa lacuna, il suggerimento di molti esperti è quello di applicare il criterio stabilito per l'Adr dall'articolo 63 del Codice della crisi: la transazione dovrebbe riguardare i debiti "sorti sino alla data di presentazione della proposta di transazione".
Il Tribunale di Milano ribadisce la linea giurisprudenziale: il requisito è indefettibile ai fini dell'autorizzazione al trasferimento d'azienda, superando i timori legati al segreto industriale.
La giurisprudenza di merito si consolida sul principio della competitività nella selezione dell'acquirente di un'azienda o di un suo ramo nell'ambito della composizione negoziata della crisi. Con un provvedimento del 6 aprile 2025, il Tribunale di Milano ha rigettato l'istanza di autorizzazione alla cessione presentata da una società debitrice che si era dichiarata indisponibile a impiegare modalità competitive nella scelta del miglior offerente.
La decisione meneghina si allinea al recente orientamento già espresso dai Tribunali di Brescia (ordinanza 6 novembre 2024) e Parma (ordinanza 30 luglio 2024), confermando che il requisito, previsto dall'articolo 22, comma 1, lettera d), del Codice della crisi d'impresa, è indefettibile ai fini del trasferimento autorizzato.
Il segreto industriale non basta a derogare
La ricorrente aveva tentato di ottenere una deroga al principio, sostenendo la sussistenza di circostanze eccezionali. Tra queste, la natura prevalentemente transattiva dell'operazione e, soprattutto, la necessità di tutelare dati sensibili soggetti a segreto industriale. Secondo la debitrice, l'apertura di una data room a fini pubblicitari avrebbe esposto i dati alla concorrenza, con il rischio di una loro acquisizione indiscriminata e una conseguente dispersione di valore a danno dei creditori.
Inoltre, la società riteneva che la relazione dell'esperto, attestando la congruità delle condizioni di cessione e la convenienza per i creditori, potesse fornire un conforto sufficiente a prescindere dall'espletamento di una gara.
L'orientamento del Tribunale
I giudici di Milano (, tuttavia, hanno ribadito che la competitività è un requisito autonomamente imposto dalla norma, ulteriore rispetto alla funzionalità e coerenza della cessione con il piano di risanamento. Il suo rispetto non è surrogabile con una semplice fairness opinion o una stima di congruità del prezzo.
È stato precisato che il rispetto del principio non impone necessariamente una gara formale, ma richiede l'oggettiva e necessaria scelta del miglior offerente. Il debitore, sotto il controllo dell'esperto, ha l'onere di documentare la trasparenza del percorso seguito per l'individuazione e la selezione dell'offerente. L'obiettivo è sondare l'interesse del mercato per intercettare l'acquirente che garantisca il miglior uso del bene e la massima soddisfazione per i creditori.
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